venerdì 28 maggio 2010

LA SVOLTA A DESTRA DELLA CGIL TRA MILLE CONTRADIZIONI

Pubblico volentieri un articolo del compagno Paolo Grassi, che potrete trovare nel giornale "Falce e Martello"

L’8 maggio si è concluso a Rimini il congresso della Cgil. Nell’assise nazionale è stato ribadito che la Cgil rinuncia a proseguire nella battaglia per opporsi all’accordo separato sulla controriforma della contrattazione, è stata rilanciata, costi quel che costi, l’unità con Cisl e Uil e si sono modificati a colpi di maggioranza passaggi significativi dello Statuto dell’organizzazione.

Il congresso ha anche visto per la prima volta una mozione alternativa votare contro il documento finale, mozione che nel direttivo di giugno si costituirà come area organizzata.

Il primo elemento che colpisce nel dibattito di Rimini è che molte delle cose dette dal segretario Epifani non sono state oggetto di discussione nei congressi di base svolti qualche mese prima. Ovvero che la Cgil intende modificare l’accordo separato nel 2013, quando dovrà essere sottoposto a verifica tra le parti. Intanto per creare le condizioni per modificarlo, non si parla più di abrogarlo, si dovrà continuare sulla strada degli accordi di categoria unitari. Se si esclude il contratto dei metalmeccanici, dove la Fiom si è rifiutata di sottoscrivere l’accordo nazionale firmato da Federmeccanica, Fim e Uilm, sono ormai oltre quaranta i contratti di categoria firmati con le altre sigle, e tutti hanno come matrice comune l’accordo separato del 22 gennaio.

Il secondo elemento importante è che la Cgil ha deciso di adoperarsi in ogni modo per ricucire gli strappi con Cisl e Uil.

I segretari di Cisl e Uil, nei loro interventi, hanno accolto l’appello all’unità di Epifani a patto che si faccia come dicono loro.

La lista dei passaggi nei vari interventi in cui si respirava questa ratifica della svolta a destra sono molti:l’appello al governo perché consideri la Cgil un interlocutore, la proposta a Confindustria di collaborare per uscire dalla crisi, l’accusa alla Fiom di promuovere un conflitto che non porta da nessuna parte, sono solo alcuni esempi con tanti saluti alla battaglia per difendere lo Statuto dei lavoratori.

Se queste posizioni fossero state esplicitate all’inizio del congresso probabilmente la mozione alternativa avrebbe avuto ben altre percentuali. Del resto che il vertice della Cgil non sia disposto a un confronto su posizioni contrapposte si è visto anche nelle modifiche riportate nello Statuto. È stata infatti approvata una modifica che affida al solo direttivo nazionale il compito di pronunciarsi su accordi di carattere generale, le categorie non avranno più il diritto ad esprimersi.

Una situazione instabile

Non può passare inosservato il fatto che mai congresso della Cgil è stato superato dagli avvenimenti così in fretta. Finito il congresso il Governo ha convocato per ben due volte Cisl e Uil per consultarle sulla finanziaria e ancora una volta la Cgil ne è stata esclusa. Finiti gli incontri il Governo ha presentato in parlamento l’ennesima manovra lacrime e sangue, 24 miliardi di euro, in particolare contro i lavoratori del pubblico impiego; vengono tagliate le finestre per andare in pensione, viene anticipato l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne a 65 anni, sono bloccati i salari fino al 2013, non verranno rinnovati i contratti di almeno la metà dei lavoratori precari in organico.

Solo a questo punto Epifani, che tanto aveva elogiato il ritorno alla concertazione a discapito del conflitto, ha dovuto annunciare lo sciopero generale. Non male, considerando quanto si è speso per convincere Governo, padroni e Cisl nel sotterrare l’ascia di guerra, imbarazzante se si pensa che proprio al congresso la maggioranza ha bocciato un ordine del giorno presentato dalla seconda mozione che chiedeva di discutere al più presto la convocazione dello sciopero contro i provvedimenti del governo.

La necessità di Epifani di convocare lo sciopero nasce da mille contraddizioni che sono da tempo aperte. La crisi alimenta la consapevolezza di tanti lavoratori che così non si può andare avanti. I segnali sono molteplici e l’attacco ai lavoratori delle amministrazioni pubbliche è l’ultima provocazione che ha costretto la Cgil a fare qualcosa, anche per non lasciare terreno libero ai sindacati di base, va ricordato che il 23 maggio a Roma è nato un nuovo sindacato l’Usb, fusione dell’Rdb e Sdl, che ha lanciato una serie di mobilitazioni che culmineranno con lo sciopero nazionale del 14 giugno (mobilitazioni che vedono il sostegno e la partecipazione anche di Cub e Cobas) che ha al centro proprio i lavoratori pubblici. Sciopero che proprio per il radicamento che i sindacati di base hanno in questo settore ha possibilità di successo.

Ricostruire l’alternativa

Il problema è che se pur è vero che alla fine la Cgil è stata costretta a convocare lo sciopero questo rimane inadeguato rispetto alle reali necessità. Perché è di sole quattro ore e perché non dà una vera prospettiva su come costringere il Governo a retrocedere dai propri piani, esattamente come successo per gli scioperi del dicembre 2008 e marzo 2010.

Al congresso della Cgil è emersa una novità importante, per la prima volta dal 2001 è stata presentata una mozione alternativa. Una mozione eterogenea dove sono presenti settori del movimento operaio più avanzati come la Rete 28 aprile o la Fiom, ma anche pezzi che nel recente passato hanno condiviso le politiche concertative come i segretari uscenti di Funzione pubblica e bancari.

Proprio questa eterogeneità ha impedito che il congresso si sia concluso con due documenti contrapposti, anche se comunque la mozione ha votato contro il documento finale dalla maggioranza, cosa non da poco visto che neanche le sinistre sindacali del passato erano arrivate a tanto.

L’area che questa mozione ha deciso di promuovere, non senza difficoltà in particolare per le resistenze della Fiom, rappresenta una novità e forse può diventare una vera opposizione in futuro.

Questa possibilità può concretizzarsi però solo se i tanti lavoratori che hanno dato vita alla mozione nei congressi di base sapranno giocare un ruolo da protagonisti proponendosi come alternativa nei luoghi di lavoro organizzando dal basso l’opposizione ai padroni. Per fare tutto ciò, per evitare che quella che sta nascendo sia l’ennesima area burocratica il cui scopo è quello di agevolare qualche burocrate ad entrare in qualche segreteria, è necessario da subito battersi perché siano i delegati e i lavoratori in produzione a organizzarla e dirigerla. Serve un programma avanzato che sia in grado di elaborare rivendicazioni e metodi di lotta adeguati alla fase di crisi che stiamo attraversando; difesa di ogni posto di lavoro e dei siti produttivi attraverso la riduzione d’orario fino ad arrivare alla nazionalizzazione delle aziende in crisi, e serve un nuovo modo di gestione dell’opposizione, che prende come riferimento quella democrazia operaia di cui tanto si parla in queste settimane in occasione dell’anniversario dello Statuto dei lavoratori e della stagione dei consigli di fabbrica nati dalle lotte dell’autunno caldo. Ovvero controllo dal basso e revocabilità in ogni momento di chi è chiamato a rappresentarci.

La sfida è difficile e sicuramente la fase che stiamo attraversando non è delle più favorevoli, la cassa integrazione, gli esuberi colpiscono in particolare i settori industriali rendendo tutto più difficile. Oltretutto è evidente che con la scadenza del mandato di Rinaldini da segretario della Fiom anche nei metalmeccanici (dove non sono mancati anche atteggiamenti moderati in diverse vertenze) può essere all’ordine del giorno un’involuzione a destra della categoria, segnali a questo proposito non mancano.

Dobbiamo batterci perché questo sciopero non sia una semplice valvola di sfogo, esigendo una piattaforma all’altezza e lavorando per un’adesione massiccia: se i lavoratori si riprendono la parola nelle piazze sarà più forte anche la nostra battaglia contro la deriva a destra, un’area di opposizione nella Cgil può vivere solo costruendo il conflitto reale nei luoghi di lavoro e in tutto il paese.

Spetta in primo luogo ai compagni della Rete 28 aprile, che in questi anni hanno tentato con forze estremamente ridotte di tenere viva la battaglia per un sindacato di classe e combattivo, organizzare nella nuova area che nascerà i tanti lavoratori che ancora non si sono arresi a una Cgil che vorrebbe avviarsi al sindacato unico con Cisl e Uil.

Paolo Grassi

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