Maniscalco torna a casa Il mondo a Copenaghen
T alento, sensibilità, tecnica e classe allo stato puro. Nella nuova generazione di musicisti, compositori e improvvisatori in ambito jazz e di musica contemporanea, Emanuele Maniscalco è senza dubbio uno dei più conosciuti e apprezzati a livello internazionale. Cresciuto sotto l'ala protettiva di Enrico Rava, Stefano Battaglia e Sandro Gibellini, il virtuoso polistrumentista bresciano è oggi leader del suo progetto, oltre che membro stabile di numerose formazioni. Da qualche tempo residente a Copenaghen, Maniscalco torna domani sera a esibirsi in città con i Third Reel, l'ensemble che lo vede al fianco di altri due illustri musicisti, il sassofonista Nicolas Masson e del chitarrista ticinese Roberto Pianca. Il trio svizzero/italiano sarà ospite della rassegna Jazz In Eden che, in occasione della recente apertura della mostra «Novecento mai visto», esce dal suo abituale contesto e approda al Museo di Santa Giulia. «Sono entrato a far parte del trio su invito di Roberto Pianca, che mi chiese fin da subito, oltre al mio apporto sonoro e batteristico, di condividere le mie composizioni», racconta Maniscalco. «Per motivi di tempo da qualche anno ho ridotto la mia attività di sideman prediligendo i progetti, come Third Reel, in cui mi sento più partecipe. È un'ensemble senza una leadership, costruito sull'interscambio tra musicisti in cui ogni componente porta proprie composizioni». Niente pentagrammi, partiture, metronomi e strumenti musicali, la musica del trentenne bresciano è tutta nella sua testa. «In passato componevo con il pianoforte, ma soprattutto ultimamente sto cercando di sforzarmi a scrivere senza strumento, pensando e cantando la melodia, anche in auto o sotto la doccia. È senz'altro un approccio più ostico, ma serve a lasciare che la melodia riesca a liberarsi senza pulsazione ritmica e senza essere condizionata dallo stile e dai limiti tecnici», spiega con umiltà, anche se parlare di limiti tecnici nel caso di Maniscalco sembra una bestemmia. È la continua voglia di ricerca, contaminazione, sperimentazione che nel 2012 lo ha portato a trasferirsi in Danimarca. «Ho avuto la grande opportunità di partecipare a Solist, una specie di dottorato in due anni, rivolto a studenti di musica Amo la mia città e le devo molto. A Brescia mi sono formato e sono cresciuto in un ambiente di altissimo livello, ma purtroppo la nostra politica culturale può essere limitante per chi sente la necessità di crescere e confrontarsi con altri artisti di diverse nazionalità»