In questi giorni sono stato invitato da amici ad una cena tra vecchi “compagni”di Borgosatollo,per salutare un amico in partenza per il Brasile dove risiede da 7 anni.
L’incontro è stata una bella occasione di confronto sull’attuale crisi in cui versa la sinistra Italiana ma anche una buona occasione per avere notizie dall’America Latina dove al contrario di quanto stà succedendo in Europa la sinistra in alcuni paesi cerca di ribaltare una situazione di sottomissione ,di feudalesimo e schiavitù dei popoli indigeni da parte delle multinazionali.
L’amico Osvaldo ha presentato in questi giorni l’uscita del suo libro “Carnevale nero”già ampliamente illustrato in un articolo del Bresciaoggi del 1 agosto 2009 riportato in seguito.Grazie a tutti per la bella serata.
dal BresciaOggi:
E bisognava proprio scendere agli inferi, sentire l'odore tenebroso della miseria situata al livello del marciapiedi, per afferrare per intero la consapevolezza della vita, il valore delle persone, la coscienza di essere vivi e avere sempre pane e un tetto e un abito. E di sentire interamente che la vita è un miracolo».
ALLA RICERCA di una liberazione interiore dall'«avere», il protagonista e autore scopre una nuova misura «che svelava l'essenza della vita. Ma per arrivare al livello di un marciapiedi bisognava cadere, inciampare, rovinare per terra, e restarci il tempo necessario per guardare il mondo alla rovescia, dal basso in alto.
E non viceversa come eravamo da sempre abituati. Il mondo visto in piedi è una visione artefatta da chi ha. La cultura che tende a separare, a dividere, a ‘sfigurare' il mondo. Dal basso, il volto del mondo si ricomponeva nella sua verità».
Sta in queste frasi il senso esistenziale e sapienziale del romanzo breve firmato dal bresciano Osvaldo Pasquali «Carnevale nero.
Vita morte e resurrezione nel sottosuolo di Salvador, città di favelas» stampato per il Gruppo editoriale l'Espresso, e i cui proventi sono destinati in buona parte a sostegno di una comunità per senza fissa dimora di Salvador de Bahia in Brasile, la stessa presso la quale Pasquali – giramondo, già operatore con i "barboni" di Brescia, ex cooperatore internazionale, fotografo e reporter – ha raccontato i mesi da lui trascorsi con un missionario laico francese che vive con i barboni brasiliani, i «moradores de rua» (abitanti dei marciapiedi) che raccattano il minimo per sopravvivere facendosi «catadores de lixio» (raccoglitori di immondizia).
Con il missionario e i suoi amici Pasquali ha condiviso la fame, la faternità, il frugare nei sacchi immondi, il soccorrere i moribondi dei marciapiedi, e ha pure sperimentato l'esperienza di solito preclusa ai bianchi di vivere il cuore del carnevale di Salvador, campionario di umanità splendida, perché – come dicono i brasiliani - «raça negra toda beleza».
PASQUALI da quest'esperienza ha ricavato un libro bello e impossibile. Impossibile perchè stampato in caratteri troppo piccoli (inferiori a quelli di un quotidiano), orfano di un minimo di revisione editoriale, senza numeri di pagina, irto di errori tipografici e persino difficile da reperire (a Brescia lo si trova solo presso la libreria Rinascita).
Eppure il lettore che vince tutti questi ostacoli si trova fra le mani una pepita d'oro, di quelle sempre più rare da trovare negli scaffali delle librerie. Il libricino gronda, infatti, verità umana e scrittura profonda. Pasquali non racconta il mondo dei relitti dei marciapiedi di Salvador con il gusto a effetto della cronaca-verità o del reportage di denuncia. Né col pietismo buonista della prosa edificante.
Il suo romanzo è sobrio, duro, intenso, umanamente prossimo ai «catadores de lixio» come solo può essere il racconto di chi ha vissuto con loro e come loro: non per eroismo ma per un bisogno e un'occasione: «Ero fragile. Provavo una strada, un cammino. Non la perfezione».
VIVERE fra «rottami umani abbandonati da tutti» diviene per l'autore esercizio di sobrietà e di verità. Il Brasile raccontato da Pasquali è un Paese «magistralmente diseguale», percorso da «profeti che predicano l'utopia necessaria, armati di niente».
Pasquali esce da questa esperienza trasformato, «con la pace nel cuore e la lentezza nei gesti», dopo aver ascoltato «un grido di rivolta. Fragile e potente». E aver compreso che «tutto quello che abbiamo è quello che siamo riusciti a donare». Un messaggio aspro e bello. Non necessariamente impossibile.
L’incontro è stata una bella occasione di confronto sull’attuale crisi in cui versa la sinistra Italiana ma anche una buona occasione per avere notizie dall’America Latina dove al contrario di quanto stà succedendo in Europa la sinistra in alcuni paesi cerca di ribaltare una situazione di sottomissione ,di feudalesimo e schiavitù dei popoli indigeni da parte delle multinazionali.
L’amico Osvaldo ha presentato in questi giorni l’uscita del suo libro “Carnevale nero”già ampliamente illustrato in un articolo del Bresciaoggi del 1 agosto 2009 riportato in seguito.Grazie a tutti per la bella serata.
dal BresciaOggi:
E bisognava proprio scendere agli inferi, sentire l'odore tenebroso della miseria situata al livello del marciapiedi, per afferrare per intero la consapevolezza della vita, il valore delle persone, la coscienza di essere vivi e avere sempre pane e un tetto e un abito. E di sentire interamente che la vita è un miracolo».
ALLA RICERCA di una liberazione interiore dall'«avere», il protagonista e autore scopre una nuova misura «che svelava l'essenza della vita. Ma per arrivare al livello di un marciapiedi bisognava cadere, inciampare, rovinare per terra, e restarci il tempo necessario per guardare il mondo alla rovescia, dal basso in alto.
E non viceversa come eravamo da sempre abituati. Il mondo visto in piedi è una visione artefatta da chi ha. La cultura che tende a separare, a dividere, a ‘sfigurare' il mondo. Dal basso, il volto del mondo si ricomponeva nella sua verità».
Sta in queste frasi il senso esistenziale e sapienziale del romanzo breve firmato dal bresciano Osvaldo Pasquali «Carnevale nero.
Vita morte e resurrezione nel sottosuolo di Salvador, città di favelas» stampato per il Gruppo editoriale l'Espresso, e i cui proventi sono destinati in buona parte a sostegno di una comunità per senza fissa dimora di Salvador de Bahia in Brasile, la stessa presso la quale Pasquali – giramondo, già operatore con i "barboni" di Brescia, ex cooperatore internazionale, fotografo e reporter – ha raccontato i mesi da lui trascorsi con un missionario laico francese che vive con i barboni brasiliani, i «moradores de rua» (abitanti dei marciapiedi) che raccattano il minimo per sopravvivere facendosi «catadores de lixio» (raccoglitori di immondizia).
Con il missionario e i suoi amici Pasquali ha condiviso la fame, la faternità, il frugare nei sacchi immondi, il soccorrere i moribondi dei marciapiedi, e ha pure sperimentato l'esperienza di solito preclusa ai bianchi di vivere il cuore del carnevale di Salvador, campionario di umanità splendida, perché – come dicono i brasiliani - «raça negra toda beleza».
PASQUALI da quest'esperienza ha ricavato un libro bello e impossibile. Impossibile perchè stampato in caratteri troppo piccoli (inferiori a quelli di un quotidiano), orfano di un minimo di revisione editoriale, senza numeri di pagina, irto di errori tipografici e persino difficile da reperire (a Brescia lo si trova solo presso la libreria Rinascita).
Eppure il lettore che vince tutti questi ostacoli si trova fra le mani una pepita d'oro, di quelle sempre più rare da trovare negli scaffali delle librerie. Il libricino gronda, infatti, verità umana e scrittura profonda. Pasquali non racconta il mondo dei relitti dei marciapiedi di Salvador con il gusto a effetto della cronaca-verità o del reportage di denuncia. Né col pietismo buonista della prosa edificante.
Il suo romanzo è sobrio, duro, intenso, umanamente prossimo ai «catadores de lixio» come solo può essere il racconto di chi ha vissuto con loro e come loro: non per eroismo ma per un bisogno e un'occasione: «Ero fragile. Provavo una strada, un cammino. Non la perfezione».
VIVERE fra «rottami umani abbandonati da tutti» diviene per l'autore esercizio di sobrietà e di verità. Il Brasile raccontato da Pasquali è un Paese «magistralmente diseguale», percorso da «profeti che predicano l'utopia necessaria, armati di niente».
Pasquali esce da questa esperienza trasformato, «con la pace nel cuore e la lentezza nei gesti», dopo aver ascoltato «un grido di rivolta. Fragile e potente». E aver compreso che «tutto quello che abbiamo è quello che siamo riusciti a donare». Un messaggio aspro e bello. Non necessariamente impossibile.
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