venerdì 4 giugno 2010

Adro, l'altra faccia di una cittadina diffamata

Riproduco la lettera di don Angelo Chiappa pubblicata sul Giornale di Brescia del 2 giugno

Venticinque anni fa ho frequentato Adro di sera per un lungo periodo su mandato dello IAL, scuola per operatori sociali, in cui operavo come formatore. Ho lavorato con un bel gruppo di genitori, giovani e meno giovani, capaci di intervistare ragazzi, insegnanti, testimoni privilegiati e altri genitori per capire, raccogliere dati e mettere in campo un progetto per la prevenzione del disagio minorile; uno dei primi corsi per genitori della Provincia. Negli stessi anni - purtroppo non ho un'agenda precisa dei ricordi - tra le mani di molti insegnanti di tutta Italia era facile trovare un libro: «Adro: Un modello», edito dalla Scuola Editrice: raccontava l'esperienza pilota della scuola a tempo pieno. Ambedue le esperienze avevano trovato ampia collaborazione da parte dell'Amministrazione comunale, consenso dei sacerdoti e adesione di insegnanti e genitori. Stava crescendo il benessere, molti genitori erano coscienti che «il mondo stava cambiando» e che occorrevano cultura e impegno nuovo. Per questo l'Adro che ha goduto di una pubblicità nazionale negativa per il fatto della Mensa m'aveva lasciato sgomento. Mercoledì 26, nella sala conferenze della Casa di Riposo stracolma ho trovato l'Adro positiva della mia memoria. I testimoni che si sono succeduti sul palco (Vinicio Gandossi, il direttore scolastico del «tempo pieno»; don Virgilio Colmegna, della Casa della Carità di Milano; Maddalena Colombo, della Cattolica di Brescia e Damiano Galletti, neo segretario generale della Camera del Lavoro) hanno con garbo e con franchezza affrontato il significato del malo episodio sulla comunità dei ragazzi che ha visto i genitori e il paese spaccato in due. Il dibattito, guidato da Claudio del Frate, ha si avuto qualche puntura polemica, soprattutto verso il sindaco e il partito della Lega Nord (mi pare d'aver capito che hanno avuto grosse responsabilità nel far diffamare Adro su un falso problema «di giustizia»), ma fondamentalmente gli intervenuti hanno posto problemi concreti proiettati più che sul passato, sul futuro del paese e dei loro figli. Hanno parlato cittadini di Adro e cittadini stranieri, capaci gli uni e gli altri di sentirsi amareggiati per quanto successo e capaci di lanciare corde positive per cercare punti di raccordo. Il sindaco presente, finché sono stato presente anch'io, non ha parlato. Lì certo non c'erano (o non si sono esposti) i «suoi bravi» («cinque o sei esaltati in tutto» mi ha sussurrato l'amico vicino di sedia); lì c'era l'Adro che, se coltivata da tutti con pazienza e tenacia, sono certo, riesce a far rinascere l'Adro «altra».
Un amico mi ha fatto osservare con una punta di amarezza: «sei l'unico prete presente». Ci sono rimasto male. Io c'ero perché, in base alle mie pregresse esperienze, cercavo in Adro la pianticella dei semi piantati in anni lontani. L'ho trovata e me ne sono tornato a casa contento.
Ho capito che non è vero che i cittadini hanno i governanti che si meritano, perché le maggioranze relative che escono dalle urne, non sono il paese; spesso sono la parte meno riflessiva e sceglie come guide persone «dalle grida facili» e dalle «azioni forti». Purtroppo oggi capita spesso; ma l'animo delle comunità dura più di tutti coloro che hanno un incarico «ad tempus». Coraggio adrensi di nascita e di eterogenea provenienza, coltivate i vostri figli come state coltivando le viti: i frutti non mancheranno!

Don Angelo Chiappa
Brescia

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